Il nero e l'azzurro: due colori per un unico amore



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1 lug 2017
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I due colori, sviluppati in maniera orizzontale sulla divisa da gioco, rimandano a delle radici che affondano nella storia del club


MILANO - Il tifo è qualcosa di personale, ma nei colori di una squadra si può facilmente trovare un'identità puramente collettiva, la base, comune e condivisa, sulla quale ognuno proietta i propri sentimenti e la propria fede calcistica. Per questo il nero e l'azzurro dell'Inter, sviluppati in maniera orizzontale sulla divisa da gioco, rimandano a delle radici che affondano nella storia del club prima ancora che negli occhi degli oltre quarantamila spettatori, media invidiabile per la Serie A, che regolarmente impreziosiscono il "Meazza" quando gioca, nomen omen, la Beneamata. Del resto, quella scelta cromatica è praticamente costituzione. La scelse Giorgio Muggiani, celebre pittore futurista nonché autore del manifesto che accompagnò la fondazione del Football Club Internazionale Milano, nel lontano 9 marzo 1908. Dei colori del cielo e della notte era il completo indossato nel giorno dell'esordio assoluto e quello dell'ultimo match disputato, in cui, in anteprima, si è potuta ammirare la mise ufficiale della prossima stagione: cinque reti all'Udinese con addosso la maglia "home", con l'innovativo design ispirato allo skyline di Milano, a riprova che l'unica cosa a cambiare nel corso degli anni sono stati solo il numero e lo spessore delle iconiche strisce verticali.

Se all'inizio si trattava di una fastidiosa esigenza - i calciatori erano costretti a procurarsi da soli le casacche e i sarti, di professione o semplici parenti improvvisati, non riuscivano a fornire unità di colore e di disegno (da 5 a 12 bande, con o senza laccetti) -, a lungo andare è diventato un puro vezzo estetico. Qualche cambio di sfumatura, qualche azzardo, come il nero quasi integrale utilizzato per le amichevoli negli anni '50, e poco altro. Al resto ci ha pensato il business dei tempi moderni, anche se l'introduzione della seconda maglia risalirebbe addirittura alla stagione 1913/14. In quel caso, bianca e con inserti nerazzurri orizzontali all'altezza dello sterno. Un tema che ha subito poche alterazioni nel tempo. Si ricordano, giusto per citare un paio di esempi, il completo interamente giallo del 2003/04, e quello rossocrociato del 2007/08, voluto per festeggiare l'imminente centenario. Rossocrociata era, conseguenza del periodo storico e della fusione con l'Unione Sportiva Milanese, la prima scelta nella stagione 1928/29. Durò solo un anno: l'Inter tornò ad indossare il nerazzurro e firmò il suo terzo scudetto, guidata da Árpád Weisz.

Perché, gusti estetici a parte, l'Inter ha saputo portare in alto il proprio emblema cromatico attraverso ogni forma. E lo ha fatto anche quando il nerazzurro non era predominante. Dal gol decisivo di Jair nella Coppa Campioni 1964/65, alle serpentine di Ronaldo nella Coppa UEFA 1997/98, fino ai voli plastici di Walter Zenga nell'anno del Tricolore dei record, fra i modelli più particolari di una camiseta da portiere che fino agli anni '70 era rimasta piuttosto monocromatica, eccezioni fatta per Carlo Ceresoli, ritratto in alcune foto dell'epoca in grigio, col petto adornato da tante bandiere tricolori. Un destino da vincente che l'Inter spera di ritrovare anche con la nuova divisa da trasferta, presentata qualche giorno fa. Bianca sì, ma con maniche nere e azzurre. Perché, pur cambiando e giocando di fantasia, i colori da tifare restano immutati, unici. L'Inter, la Beneamata: la gloria, #InterIsComing.

 

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Aniello Luciano


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