Dal diario di un allenatore Inter Campus
Inter Campus
— 1 mar 2024Parte del Progetto dal 2009, la passione e l’entusiasmo per il suo lavoro continuano ad essere una missione irrinunciabile e sempre monito a crescere per dare il suo meglio ai tanti bambini che incontra nel mondo
Da quando ho iniziato a viaggiare con Inter Campus nel lontano 2009, mi sono imposto una cosa: mai abituarmi! Ai luoghi, ai piccoli dettagli, alla sofferenza, alla bellezza: “Non importa se tornerai spesso negli stessi paesi e negli stessi posti, vedrai che ci sarà sempre qualcosa di nuovo da scoprire e delle persone speciali da incontrare”. Durante questo primo viaggio del 2024 ne ho avuto la certezza: allenare i bambini della Fundacion Renacimiento nella “Plaza de las 3 culturas” a Tlatelolco, nel pieno centro di Città del Messico, è stata fonte di grande emozione.
Non solo perché il luogo richiama un doloroso episodio avvenuto il 2 ottobre 1968, giorno e mese in cui sarei nato 19 anni dopo e nemmeno perché mi affascinano gli allenamenti “fuori contesto” in spazi diversi da un campo di calcio, nella fattispecie un’immensa piazza urbana. Ciò che mi ha colpito e che non sapevo, è che il presidente della fondazione, Josè Vallejo, rimasto con noi durante tutto l’allenamento, è sopravvissuto a quella tragedia: lui era presente fisicamente e i suoi racconti sono talmente dettagliati che sembra sia successo pochi anni fa e invece sono già trascorsi più di cinquant’anni da quel massacro in cui persero la vita centinaia di studenti a causa della repressione governativa, durante i moti di protesta del ‘68 e poco prima delle olimpiadi, che dovrebbero essere sempre simbolo di pace e tolleranza.
La storia, purtroppo, si ripete, in quello che sembra essere sempre più un circolo vizioso: cambiano i luoghi, cambiano le motivazioni, ma le “Maschere per un massacro”, citando il titolo di un prezioso libro del noto giornalista e scrittore triestino Paolo Rumiz sulla guerra nei Balcani, sono sempre pronte ad essere indossate. E allora non ci resta che riporre la speranza negli occhi di quel bambino ritratto in foto: contento e convinto davvero di volare come un aeroplano lontano dalla sofferenza quotidiana di questo mondo.