La delegazione nerazzurra torna in Bosnia Erzegovina
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— 29 ott 2021Sarajevo ha tanti nomi: crocevia di culture, luogo di mescolanze, casa di Inter Campus da oltre 20 anni
Capajebo (dal cirillico), Saraj (dal giudaico), Saraybosna (dal turco), o semplicemente Sarajevo. Una città in cui si mescolano fisionomie, lingue, tradizioni. Ci notano camminare tra le viette del quartiere antico e ci chiedono di Džeko: un esempio di vita e un mito per i bosniaci, ma soprattutto per i nostri bambini. A differenza sua, loro per fortuna non hanno vissuto il periodo di conflitti di fine anni '90, quando anche Edin era un bambino.
Nacque in quegli anni il progetto in Bosnia Erzegovina, con l’obiettivo di utilizzare il gioco del calcio per abbattere barriere e favorire il processo di riconciliazione tra le genti. Nella capitale, oggi, Inter Campus è attivo con un progetto guidato da Rados e Anes, uno di fede ortodossa e l'altro musulmana, insieme gestiscono due gruppi di bambini.
Da qui ci dirigiamo verso sud, in direzione di Mostar. Campanili di chiese cattoliche e ortodosse si alternano ai minareti delle moschee. Nel villaggio di Domanovici bambini/e giocano sotto la guida di Josip, Ivan e Mirko. Durante i loro allenamenti l'intensità ed il coinvolgimento creano un'alchimia che sembra musica; le voci degli allenatori - tra cui Alin, allenatore locale rumeno arrivato volontariamente da Ramnicu Valcea -, scandiscono i tempi come direttori d'orchestra.
Va in scena la festa di Inter Campus!