ESCLUSIVO | Cruz: "I miei gol alla Juve e quella maglietta speciale..."
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— 15 gen 2021L'intervista all'argentino sul Matchday Programme: nel magazine la sua Inter dei sogni
Pensi a Inter-Juventus e ti passano davanti tante immagini, tante partite. Tanti giocatori. Ce n'era uno in particolare, però, che quando vedeva il bianconero diventava letale. Non che non lo fosse già di suo, ma il suo tasso di pericolosità contro i bianconeri saliva a dismisura. Sette gol in maglia Inter nelle sfide contro la Juve: Julio Ricardo Cruz, "El Jardinero".
È proprio lui ad accompagnarci verso questo Inter-Juventus: è il protagonista della cover del nostro Matchday Programme, nel quale si racconta e nel quale disegna la sua Inter dei sogni, la top-5 dei compagni di squadra che ha avuto. Nel nostro magazine, oltre all'intervista a Cruz (che trovate in forma integrale in questo articolo, sotto alla copertina del nostro magazine) anche video e tante curiosità sul derby d'Italia.
clicca sulla cover e leggi il Matchday Programme di Inter-Juventus
Julio, c'è Inter-Juventus. Quali sono le prime cose che ti vengono in mente quando pensi a questa partita? «I giorni che precedevano gli Inter-Juventus sono sempre stati carichi di adrenalina. Era bello avere come prospettiva una grande sfida nel fine settimana e i tifosi nerazzurri non mancavano mai di farsi sentire, li incontravamo per la strada e non facevano altro che incitarci».
Tu e la Juventus, una sfida nella sfida che spesso ti ha visto esultare! «La storia dei miei incroci con la Juventus corre indietro fino al 1996 e il ricordo di quel giorno è legato a una grande delusione: la Coppa Intercontinentale a Yokohama, River Plate-Juventus 0-1, Del Piero. Da quel giorno, forse in maniera inconscia, tutti i successivi incontri con la Juventus hanno fatto esprimere il meglio di me. Ho segnato una doppietta alla Juve con la maglia del Feyenoord, un gol con il Bologna e ben 7 con l'Inter. È come se avessi sempre avuto una carica in più. E poi quando sono arrivato all'Inter ho colto tutto il significato di quello che era il Derby d'Italia».
C'è una sfida in particolare che non ti potrai mai dimenticare? «Sette gol contro la Juve, quelli indimenticabili però sono quelli della notte del 3-1 a Torino, una vittoria arrivata in un momento non facile per noi. E poi l'Inter non vinceva al Delle Alpi da 10 anni. Ho in mente tutti i momenti di quella sera, una notte perfetta che spesso ricordo con i miei amici Almeyda, Adani e Toldo. La punizione del vantaggio, con quel tiro all'incrocio sul palo di Buffon, sorprese tutti: la palla era vicina al limite dell'area, non avrei avuto lo spazio per far scendere la palla dietro alla barriera. Così calciai sul palo del portiere, facendo gol».
Una sera resa indimenticabile da una doppietta... «Il secondo gol fu merito di una clamorosa discesa di Javier Zanetti, mi servì un assist magnifico e calciai di destro: respinta di Buffon e... lì fu un capolavoro di freddezza: controllo, tocco, e gol di sinistro. Che vittoria, coronata dalla rete di Oba».
Zanetti assistman, ma anche altri compagni ti hanno esaltato contro la Juventus... «Tra quelli che mi hanno servito assist perfetti per gol contro la Juventus ci sono anche Zé Maria, Pelé e Cesar. Tutti ricordi legati a serate belle, interiste. Zé Maria metteva dei gran cross e su uno dei suoi palloni feci un bellissimo gol di testa a Torino, vittoria nostra per 1-0 sulla Juve. Raccontavo questo gol qualche giorno fa a un ragazzo che aveva rivisto i miei vecchi video e voleva carpire i miei segrti: lì fui bravo a mettermi con il corpo in modo da evitare l'intervento del difensore e nel colpire il pallone con la parte giusta della testa».
Julio attaccante completo, bravo anche sui calci da fermo... «Qualcuno si sarà stupito del mio gol su punizione di quella sera, ma non era certo il primo. Qualche settimana prima ne avevo infilato uno perfetto contro l'Ancona a San Siro, da molto più lontano. La realtà è che mi sono sempre allenato tantissimo sui calci da fermo. All'Inter c'erano dei fenomeni, come Recoba ad esempio. Ma il mio maestro posso dire che sia stato Giuseppe Signori, mio compagno di squadra al Bologna. Con lui ho migliorato tantissimo, mi insegnava i trucchi che adottava quando calciava i rigori. Lui prendeva pochissima rincorsa e mi diceva 'Julio, devi guardare il ginocchio del portiere, appena vedi che si muove da una parte, tu spiazzalo'».
Qual era il segreto di Cruz? «Anche il gol di sinistro non era certo una novità per me. Io avevo una cultura del lavoro importante, sapevo che per migliorarmi dovevo rinnovarmi ogni giorno. Mio papà fin da piccolo mi faceva calciare di sinistro, spesso facevo intere sedute di allenamento conducendo il pallone solo di sinistro. Giocare in Italia mi ha permesso di migliorare tantissimo, Guidolin per esempio mi ha insegnato che potevo essere il primo difensore. Con una pressione mirata nei primi metri potevo aiutare i miei compagni ed essere di grande utilità per la squadra».
Quante volte hai deciso le partite inizando in panca... «Capitava spesso che segnassi entrando dalla panchina, è vero. Mi sono sempre allenato per farmi trovare pronto, ogni volta. Quanti attaccanti c'erano nell'Inter in cui giocavo e quanto erano forti? Ho giocato con Vieri, Adriano, Kallon, Recoba, Adriano, Martins, Crespo, Ibrahimovic, Balotelli... Quando toccava a me dovevo fare bene, eravamo così tanti che c'era il rischio di finire in tribuna. Quindi la missione era quella di dare il massimo, sempre».
La maglia dell'Inter che non dimenticherai mai, qual è? «Dopo un gol contro la Juventus mi sono tolto la maglia dell'Inter per esultare: non era una cosa che facevo spesso. Ho sempre amato tantissimo la maglietta e i colori dell'Inter, il nero e l'azzurro sono i colori del cielo e della notte. Però tra le maglie che custodisco più gelosamente c'è quella del centenario, bianca con la croce rossa, meravigliosa. Se ho una collezione di maglie scambiate? Non così ricca, perché all'epoca, non so perché, non ne scambiavo molte. Però qualcuna ce l'ho, quella degli avversari più importanti come Paolo Maldini o Alessandro Del Piero».