Inter Campus Israele e Palestina: La parola ai Mister di Tel Aviv



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10 gen 2022
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Yorai, Simon e Salah, allenatori del nucleo di Tel Aviv, raccontano il loro incontro con il progetto nerazzurro e il loro impegno con i bambini profughi e non


Yorai nasce nel 2000 in Israele e decide di prestare servizio civile al posto del servizio di leva obbligatorio.

Durante il servizio civile chiede e ottiene di aiutare i profughi africani residenti a Tel Aviv ed entra a far parte dello staff di volontari di Elifelet, una delle associazioni con cui lavora Social Goal (nostro partner nell'area). Durante il suo servizio civile, sono infatti i bimbi di Elifelet i beneficiari del progetto Inter Campus che si allenano settimanalmente con i bimbi locali. 

Con gli anni abbiamo esteso le collaborazioni con altre associazioni dedicate ai profughi, Yorai ha terminato i tre anni di servizio civile, ma è rimasto con noi, nel team di Inter Campus Tel Aviv e allena settimanalmente un gruppo misto di bimbi, profughi e non. 

“Il momento più significativo dell’esperienza Inter Campus – racconta Yorai – è stato il camp estivo del luglio 2020, dove per un'intera settimana i bimbi hanno passato molte ore insieme tutti i giorni tra attività di calcio, arrampicata, piscina: una integrazione a tutto tondo. 

Nel progetto di Tel Aviv Yorai è affiancato, oltre che da Besan, allenatrice araba, e Arturo, italiano trasferitosi in Israele, entrambi con noi da anni, da un nuovo mister, Simon e da un gradito ritorno, Salah. 

Simon è coetaneo di Yorai, 22 anni, e a 7 anni è arrivato in Israele coi suo genitori partendo da Asmara, Eritrea. Un lungo viaggio a piedi che lo ha portato a Tel Aviv dove ha avuto la fortuna di essere adottato da una famiglia israeliana che gli ha permesso di crescere trascorrendo un'infanzia felice, lontano pochi minuti di auto dai suoi genitori naturali, che sono sempre a Tel Aviv, e che vede ovviamente spessissimo. 

Simon ha un talento per lo sport, soprattutto per il calcio, e si è allenato per anni in una squadra locale. Purtroppo non ha potuto partecipare ai campionato locali in quanto senza cittadinanza ancora oggi. 

“Amo lavorare per questo progetto, ci dice, non solo per il valore che si dà all'integrazione ma anche per la possibilità di offrire una speranza ai bimbi profughi che, come me, coltivano il sogno di partecipare a un campionato di calcio giovanile cosa ahinoi ancora non permessa ai profughi.”

Salah ha 34 anni, ha lasciato il Sudan nel 2008 a piedi verso il Ciad, da lì in auto fino alla Libia dove ha ottenuto un altro passaggio per l’Egitto da cui è poi arrivato a piedi in Israele. 

“Sono diventato allenatore Inter Campus fin dall'apertura del progetto di Tel Aviv nel 2013 e grazie all'intervento di Social Goal sono riuscito a evitare di essere recluso nel campo profughi di Holot, aperto nel dicembre 2013 e fortunatamente chiuso definitivamente 4 anni dopo”. Oggi Salah è tornato con noi dopo una pausa di qualche anno, e festeggia in questi giorni la sua prima carta d'identità israeliana, finalmente cittadino a pieno diritto e, a detta sua, grazie anche al suo coinvolgimento con Inter Campus.

Tre storie di vita e impegno che parallelamente a quelle dei bimbi coinvolti testimoniano come sia possibile pensare e realizzare un importante obiettivo: integrarsi con etnie e culture diverse dalla propria, grazie al gioco del calcio, tutto nerazzurro!


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