Inter Hall of Fame, il Premio Speciale a Ernesto Pellegrini



Società

9 mar 2021
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All'ex presidente nerazzurro il riconoscimento per il suo operato anche fuori dal campo


Ci sono colpi di fulmine inevitabili, fatti apposta per far scattare la scintilla di un amore duraturo, eterno, totale. Per Ernesto Pellegrini fu un affollato Inter-Juventus: 4 aprile 1954. Aveva 14 anni e la quantità di spettatori a San Siro quasi gli impedirono di scorgere quello che accadeva in campo. Un peccato, perché sul terreno di gioco i nerazzurri si imposero per 6-0, con una doppietta di quel meraviglioso giocatore che era Nacka Skoglund.

Ernesto Pellegrini, nato a Milano nel 1940, seguiva con gli occhi pieni di gioia le mosse del fuoriclasse svedese anche per le strade di Milano: lo osservava in Piazza dei Mercanti, dove Skoglund andava a farsi lucidare le scarpe. Rapito da tanta classe splendente, il giovane Ernesto maturò una passione e ammirazione infinite: "Ero innamorato dei colori nerazzurri, orgoglioso. E sognavo: un giorno...".

Figlio di contadini, lavoratore intraprendente: nel 1965 si mise in proprio, iniziando un'avventura imprenditoriale che ora dà lavoro a 10mila persone. Una storia di successo e di determinazione, di dedizione. Il richiamo dell'Inter era forte, fortissimo. Nel 1984, quando ne ebbe l'opportunità, Pellegrini realizzò il suo sogno che cullava da quando era bambino, dai tempi di Skoglund: diventare il presidente dell'Inter.

Rilevò la società da Fraizzoli, con una stretta di mano, diventando il diciassettesimo presidente della storia nerazzurra. Undici anni, fino al 1995, prima di passare il testimone a Massimo Moratti. Undici anni con lo Scudetto dei record del 1989, la Supercoppa Italiana, le due Coppe Uefa, "quando era un trofeo davvero importante. C'è qualche rimpianto, ma sono i ricordi belli a dominare". 

L'Inter dei tedeschi: prima Rummenigge, poi Matthäus, Brehme, Klinsmann. L'Inter di Trapattoni, con Zenga Bergomi Ferri Berti, insomma con quella formazione che possiamo ancora recitare a memoria, con Serenza-Diaz a chiudere l'11 e la filastrocca, oltre alle azioni di gioco, tramutate sempre in gol.

Non solo calcio, però. Quando lo scorso settembre Ernesto Pellegrini ha fatto ritorno a San Siro, i mille tifosi presenti gli hanno tributato una lunga e sentita standing ovation. Il grazie per la straordinaria avventura sportiva, certamente, ma anche l'omaggio a un uomo capace di guardare al di là dei propri interessi, di spendersi per chi soffre: "Quel giorno mi sono commosso".

"Ho sempre sentito l'obbligo e il piacere di ringraziare il Signore per quello che ho avuto e costruito, restituendo qualcosa a chi è stato meno fortunato di me". Ruben era un bracciante che, quando Ernesto Pellegrini era ragazzo, morì di stenti. In ricordo e come simbolo della lotta alla povertà, ecco la creazione della Fondazione Pellegrini e l'apertura del Ristorante Ruben: "Anche durante l'emergenza ci sono almeno 300 persone ogni giorno che consumano un pasto. 1 euro il costo, per dignità, per allontanare l'idea di elemosina". Nel cuore Milano e le persone in difficoltà, sul campo un'azione concreta e non scontata. Questo è Ernesto Pellegrini, interista di cuore, persona per bene.

A lui va il Premio Speciale collegato alla terza edizione della Hall of Fame nerazzurra. Prima di lui i riconoscimenti alla famiglia Moratti e ad Astutillo Malgioglio. Non solo calcio: sentimenti, gratuità, dedizione. Esempi, tenuti insieme e ispirati dai colori nerazzurri.

"Ringrazio l'Inter e il CEO Alessandro Antonello per aver pensato a me per questo premio. Sono orgoglioso e onorato, mi riporta alle emozioni dei miei anni di presidenza".


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