Paolo Mandelli, una vita tra Inter e Sassuolo



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12 mag 2017
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Dalla vittoria del "Viareggio" con i nerazzurri da giocatore, al trionfo del 2017 sulla panchina dei neroverdi


MILANO - "L'unica paura che mi ricordo di avere avuto da bimbo era quella di farmi male in modo grave compromettendo la mia futura carriera". Paolo Mandelli, classe 1967, milanese, ha sempre avuto la certezza che la sua vita sarebbe stata inevitabilmente legata al calcio. Sul finire degli anni Settanta, come molti coetanei, passa intere giornate all'oratorio giocando a pallone. E proprio in un oratorio di Milano, all'età di 11 anni, lo nota un osservatore dell'Inter, Rino Confalonieri, che lo segnala alla società. Il percorso di Paolo nel Settore Giovanile nerazzurro dura circa sette stagioni, durante le quali trova la sua collocazione in campo come attaccante esterno e migliora costantemente. Ha il viso pulito e i capelli corti, è brevilineo, rapido e dotato di buona tecnica: la Primavera allenata da Mariolino Corso è il naturale approdo per un giocatore come lui.

L'8 febbraio 1986, però, al Torneo di Viareggio, sulla panchina nerazzurra siede Arcadio Venturi, che ha sostituito Corso, chiamato pochi mesi prima a rimpiazzare Castagner alla guida della prima squadra. La Primavera nerazzurra è in semifinale contro la Fiorentina di Roberto Baggio. La partita viene decisa al 61' proprio da Mandelli, poi capocannoniere della competizione insieme a Simonetta del Genoa. È l'1-0 definitivo, che regala ai ragazzi di Venturi l'accesso alla finale contro la Sampdoria di Pagliuca e Ganz, vincente contro il Milan ai calci di rigore. Due giorni più tardi, una punizione di Zanuttig avrebbe regalato alla Beneamata il terzo Torneo di Viareggio della sua storia.

Mandelli, grazie al trionfo da protagonista nella Coppa Carnevale, si guadagna una chance in prima squadra. Esordisce in Serie A al "San Paolo" il 16 marzo 1986 e, per poco più di dieci minuti, condivide il campo con Bergomi, Altobelli e Maradona. I sogni di quel bambino, scovato da Confalonieri in un oratorio, hanno ormai preso forma. La stagione '85-'86 cambia la vita di Paolo che il 21 maggio, nel ritorno dei quarti di Coppa Italia al "Meazza" contro la Roma, entra dalla panchina e si inventa una magnifica azione personale conclusa con la sua prima rete nerazzurra.

La prima e l'ultima. In estate, infatti, Mandelli passa in prestito alla Lazio e nel 1987 viene ceduto alla Sambenedettese. Poi i trasferimenti a Messina, Reggiana e Monza, fino al Foggia, in cui l'esterno milanese gioca quattro stagioni. Le prime due, con Zeman in panchina, sono probabilmente le più esaltanti della sua carriera: il 13 dicembre 1992, si toglie lo sfizio di segnare contro la Juventus di Trapattoni, in un 2-1 che fa letteralmente impazzire lo "Zaccheria".

Dopo cinque annate al Modena, Mandelli va al Sassuolo, in Serie C2, dove chiude la carriera da calciatore e inizia la sua seconda vita, quella da allenatore. Dal 2003 siede sulla panchina della Primavera neroverde, dalla quale si è allontanato per tre sole partite, nella stagione 2010-'11, per evitare alla prima squadra il rischio play-out di Serie B. Poi è tornato alla guida della squadra giovanile, che continua a dirigere con l'umiltà e l'impegno che lo caratterizzavano da ragazzo. E con il Sassuolo, il 29 marzo 2017, Mandelli si è anche tolto la più grande soddisfazione nella sua carriera in panchina. Ha vinto il Torneo di Viareggio, il primo per gli emiliani, diventando uno dei pochi tecnici a conquistare la competizione sia da giocatore e che da allenatore. Per farlo ha affrontato il suo passato, superando ai rigori l'Inter nei quarti di finale, dopo aver pareggiato nella fase a gironi con il Bologna, sulla cui panchina sedeva come preparatore dei portieri Gianluca Pagliuca.

A margine della partita, i due, avversari nella finale del 1986, si sono abbandonati ai ricordi. E, ripensando a quella magnifica avventura del febbraio di trentun anni fa con addosso la maglia più bella del mondo, a Paolo Mandelli è scappato un sorriso.

Davide Zanelli

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