Inter Campus invita allo stadio 200 bambini



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25 nov 2016
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La Capitale del deserto del Neghev è teatro dell’ultima missione in Israele e Palestina. Bambini e genitori in campo e poi insieme alla partita Hapoel Be’er Sheva-Inter


BE'ER SHEVA - Sono partiti da Tel Aviv, Gerusalemme e West Bank - chi in pullman, chi in auto - per raggiungere, dopo un viaggio durato oltre due ore - esclusi i controlli ai checkpoint - il campo da calcio, a pochi metri dal Turner Stadium. Un appuntamento fuori programma che ha richiamato nel sud di Israele oltre 200 tra bambini, genitori, fratelli, sorelle, nonni, accompagnatori, allenatori del Progetto Inter Campus Israele e Palestina, una vera e propria comunità mista di Israeliani, Palestinesi, profughi africani e filippini. A raccontarlo, si rischia di non essere creduti, conferma Yasha, il nostro referente in loco che, sulla scia dell'esito felice dell'ultima visita e sulla spinta della partita della Prima Squadra contro l'Hapoel Be'er Sheva, ha lanciato l'idea di un torneo tra nuclei, raccogliendo molte più adesioni del previsto, anche da parte dei genitori, coinvolti a loro volta in un torneo tra adulti. 

Accanto ai bambini israeliani di Gerusalemme e di Tel Aviv che hanno corso per il campo di Be'er Sheva insieme ai loro compagni palestinesi - alcuni che si allenano a Gerusalemme est, quartiere di Bet Safa'fa a pochi passi dal Muro del Pianto, dal Santo Sepolcro e dalla Spianata delle Moschee, altri nei villaggi della West Bank - si è giocata infatti una partita dai ritmi più blandi, con qualche pancetta e movimento un po' goffo, iniziata addirittura prima di quella tra bambini poiché i genitori non stavano più nella pelle! Molti di loro si erano già incontrati qualche volta a fine allenamento dei loro bimbi, ma non avevano mai parlato, solo brevi saluti e sguardi di studio l'uno sull'altro. Che cosa è più importante per un bambino se non l'esempio dei genitori? Così in una serata novembrina, in una Terra chiamata Santa avviene una possibile svolta per questi ragazzi: vedere i loro papà giocare insieme ai papà dei loro compagni, lottando, vincendo e perdendo, senza paura, parlando quella stessa lingua del gioco: "We all speak the same language'. Uno spirito che non tocca più solo i bambini ma anche le famiglie, da sempre nuclei cardine di ogni società. Il muro che li divideva, come quello che divide Gerusalemme da Betlemme sta pian piano cadendo, sotto i colpi dei valori portati dallo sport, dal calcio, da Inter Campus, incarnati ora anche nelle famiglie, nelle loro maglie madide di sudore al termine del match giocato insieme. E dalle braccia strette attorno al nuovo amico.

 


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