Difficilmente nella storia del calcio si è riscontrato un amore così viscerale tra un calciatore e il suo popolo, letteralmente la sua gente. Zenga è stato ed è un grande interista, prima ancora che un portiere leggendario o un bravo allenatore. Guascone, spontaneo, innamorato: la sua Inter non differiva, vista dal campo o dalla Curva Nord, che Zenga in gioventù era solito frequentare.
La prima squadra dell’Inter era il Paradiso, i quattro anni “a farsi le ossa”, come si diceva allora per chi andava in prestito in provincia: Salerno, Savona, San Benedetto del Tronto. Partì ragazzo, tornò uomo, complice anche qualche asprezza cameratesca assaggiata nei lunghi ritiri dell’epoca. In tempo per prendersi San Siro: quattrocentosettantaquattro volte, per una carriera straordinaria.
Miglior portiere del Mondo per tre anni, due campionati del mondo, un mondiale con due soli gol al passivo in sette partite eppure terminato incredibilmente al terzo posto, uno scudetto vinto sbaragliando, a suon di record, una concorrenza proibitiva: il Milan degli Olandesi, il Napoli di Maradona, la Samp di Vialli e Mancini, la Juventus di Laudrup e Altobelli
Walter Zenga è stato l’Inter, e per certi versi lo è ancora.
Difficilmente nella storia del calcio si è riscontrato un amore così viscerale tra un calciatore e il suo popolo, letteralmente la sua gente. Zenga è stato ed è un grande interista, prima ancora che un portiere leggendario o un bravo allenatore. Guascone, spontaneo, innamorato: la sua Inter non differiva, vista dal campo o dalla Curva Nord, che Zenga in gioventù era solito frequentare.
La prima squadra dell’Inter era il Paradiso, i quattro anni “a farsi le ossa”, come si diceva allora per chi andava in prestito in provincia: Salerno, Savona, San Benedetto del Tronto. Partì ragazzo, tornò uomo, complice anche qualche asprezza cameratesca assaggiata nei lunghi ritiri dell’epoca. In tempo per prendersi San Siro: quattrocentosettantaquattro volte, per una carriera straordinaria.
Miglior portiere del Mondo per tre anni, due campionati del mondo, un mondiale con due soli gol al passivo in sette partite eppure terminato incredibilmente al terzo posto, uno scudetto vinto sbaragliando, a suon di record, una concorrenza proibitiva: il Milan degli Olandesi, il Napoli di Maradona, la Samp di Vialli e Mancini, la Juventus di Laudrup e Altobelli